Un display ‘zero rifiuti’ con Politecnico, P&G ed Eurodisplay (videointerviste)

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Dal protocollo NED nasce il progetto Zegodi, Zero Waste Goods Display, per la sostenibilità (e riciclabilità) degli espositori a livello nazionale. L’alta scuola Politecnica lo ha recepito come programma di ricerca e formazione supportato da Procter&Gamble E Nel corso di un convegno organizzato da Display Italia in occasione di Viscom 2019 era stato annunciato il protocollo NED – Never Ending Display per una progettazione intelligente degli espositori promozionali, così come di quelli destinati all’arredo espositivo, impiegando materiali totalmente riutilizzabili e semplificandone lo smontaggio direttamente in-store in modo da facilitare le operazioni di differenziazione e smaltimento. “Il processo può essere equiparato a una certificazione – spiegava al convegno l’Arch. Andrea Tempesta di Eurodisplay Design in Progress –. E Il retailer deve essere informato in quanto può avere un ritorno economico quando il prodotto a fine vita viene differenziato. Si tratta di applicare il concetto di economia simbiotica per coinvolgere tutti i soggetti che possono interagire da punti di vista differenti: siamo tutti protagonisti di un processo che inquina ed è necessario creare un riferimento”. Tempesta auspicava la centralizzazione delle informazioni, condivise in un disciplinare per sincronizzare gli sforzi di tutti i player (produttori di materie prime, trasformatori, brand, retailer, consumatori, riciclatori). In pochi mesi l’idea-protocollo si è trasformata in progetto concreto coinvolgendo diversi partner per risultati sostenibili e concreti.

Videointerviste: Polito, Procter&Gamble ed Eurodisplay

NED, impatto sul settore
Per l’attualità delle tematiche legate alla sostenibilità e riciclabilità,  NED (never ending display) è stato adottato dall’Alta Scuola Politecnica , progetto formativo e congiunto del Politecnico di Milano e del Politecnico di Torino sotto la direzione del Prof. Emilio Paolucci, quale caso concreto su un aspetto che poteva generare un impatto reale in un settore ancora tutto da esplorare. Ciò che pochi mesi fa veniva etichettato dall’Arch. Tempesta, ideatore del protocollo, come ‘Design in Progress’ ha quindi subito un’accelerazione dando vita al progetto Zegodi (Zero Waste Goods Display), sviluppato in collaborazione con Procter&Gamble. “Zegodi è il progetto a livello scolastico – spiega Giovanna Ricca, Customization Portfolio Leader Procter & Gamble – nell’ambito del quale l’intero team ha sviluppato il modello NED per certificare che questi espositori siano effettivamente riciclabili e riciclati.”Giovanna Ricca opera all’interno di un gruppo di lavoro sugli espositori in Italia pre-filled, per cui acquistati, assemblati, manipolati e spediti al cliente. “È stato calcolato che se tutti questi display anziché essere smaltiti fossero riciclati si otterrebbe un risparmio pari a 8 milioni di CO2 equivalente”.

Zegodi ovvero zero waste
“Scopo principale del progetto Zegodi – spiega Deborah Panepinto, prof. Associato del Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino, tutor accademico principale per il progetto Zegodi – era di ottenere zero waste ovvero una riduzione nella produzione del rifiuto con tutto ciò che ne deriva, quindi minore smaltimento e benefici dal punto di vista ambientale, calcolati in termini di CO2 equivalente. Per ottenere questa riduzione nella produzione del rifiuto ci siamo basati sulla normativa attualmente vigente in Italia relativa alla gestione del rifiuto stesso (Direttiva 19-11-2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio recepita con D.lgs. 205 del 3-12-2010) , basata su una sorta di piramide che prevede l’adozione di svariate azioni: la prima azione ‘preventiva’ consiste nel prevenire la formazione del rifiuto, quindi un’effetto sulla produzione e non sulla gestione. La seconda azione prevede invece il riuso, cioè il riutilizzo del prodotto a fine vita senza troppi trattamenti. La terza azione è il recupero che, a differenza del riuso, prevede a fine vita il recupero della materia (attraverso trattamenti di digestione anaerobica o compostaggio) o dell’energia. L’ultima azione è lo smaltimento finale in discarica del rifiuto a fine vita. Esaminando la prima azione (prevenzione) rispetto allo smaltimento, avremo una maggiore facilità gestionale, viceversa aumenta l’efficacia dal punto di vista ambientale. Il nostro progetto, che si basa sul recupero, mira al risultato ambizioso di scalare la piramide per arrivare alla ‘casella’ del riuso dello stesso espositore. Per decretare il successo e l’implementazione dei risultati è fondamentale coinvolgere tutti i soggetti, dal produttore all’utilizzatore fino allo smaltitore”.

Le regole per la riciclabilità
Ogni anno vengono prodotti in Italia poco più di 17,5 milioni di display, caratterizzati da bassa tracciabilità poiché difficilmente quantificabili dallo store dato che il loro costo è generalmente incluso in quello dei prodotti che contiene. Con queste premesse, l’Alta Scuola Politecnica ha calcolato che, in caso di riciclo, si otterrebbe una riduzione del 64% di CO2 equivalente. Ma per quale motivo gli espositori non vengono riciclati considerando che i materiali che li costituiscono sono riciclabili? Dall’indagine è emersa la difficoltà di disassemblaggio, che scoraggiava gli addetti degli store, nonché la presenza di cartone plastificato che rendeva meno interessante per le aziende del settore, i waste sorter, riciclare il cartone.

“Semplificazione è la parola d’ordine – afferma Tempesta -: progettare con materiali sostenibili e in maniera tale che i manufatti siano facilmente assemblabili e disassemblabili. Solo così il punto vendita potrà facilmente conferire i materiali a fine vita generando preziosa materia prima seconda. Il display si compone di un corpo in cartone fustellato e non plastificato (requisito minimo per il protocollo NED) oltre ad alcuni componenti in plastica riciclabile e assemblabili per creare infinite configurazioni per le esigenze delle vendite con time-to-market veloce. Il montaggio è semplificato mentre lo smontaggio è concepito per velocizzare le operazioni prima del conferimento nella raccolta differenziata. I componenti di flat sono totalmente riciclabili. L’ultima casella del puzzle sono i canali, non ancora predisposti per ricevere questa materia prima seconda e quindi dobbiamo fare un ultimo sforzo per fare in modo che tutti i materiali possano diventare materie prime seconde. Per impattare meno, il prossimo obbiettivo sarà l’aumento dell’utilizzo di una maggiore quantità di plastica riciclata. Per raggiungere questo step bisognerà collegare meglio tra di loro i circuiti di recupero e di riciclo creandone di nuovi magari specificamente dedicati a settori distinti, il che è anche un tema di riposizionamento del business. Per impattare meno, il prossimo obbiettivo sarà l’aumento dell’utilizzo di una maggiore quantità di plastica riciclata. Per raggiungere questo step bisognerà collegare meglio tra di loro i circuiti di recupero e di riciclo creandone di nuovi magari specificamente dedicati a settori distinti, il che è anche un tema di riposizionamento del business”. In conclusione Eurodisplay offre già la possibilità di realizzare arredi espositivi con plastiche al 100% riciclate, dimostrando la tempestività nell’adozione delle soluzioni green a tutto tondo, di processo e di prodotto.

Arch. Andrea Tempesta
Prof. Emilio Paolucci
Prof.ssa Deborah Panepinto
Giovanna Ricca, P&G
I dottorandi del progetto Zegodi
Marco Oltrona Visconti
Marco Oltrona Visconti
Giornalista Professionista
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